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mercoledì 28 settembre 2016

SCALPEL SI – A bike test story - Episodio 2

L’attesa verso questo secondo giorno di test sulla Scalpel SI è stata forse ancora maggiore rispetto alla volta precedente. Del resto si sa, l’appetito vien mangiando e dopo il primo test c’erano alcune modifiche da fare, delle quali ero curioso di verificare quanto prima l’effetto.

Cosa è cambiato:
  • Manubrio originale da 760 mm sostituito con un manubrio da 700 mm che avevo in casa (usato ma di qualità), con rise e backsweep uguali al manubrio della FSI su cui ho corso finora
  • Rimozione camere d’aria e tublessizzazione ruote, risultante in una riduzione di peso di circa 50g per ogni ruota (tutti sul diametro esterno) e possibilità di ridurre la pressione di 0.6 atm circa, rispetto al primo test
  • Sella avanzata leggermente.

Anche in questo secondo test parto con zainetto in spalla e dentro tutto quanto può servire per le varie regolazioni. L’intenzione è di non lasciare niente al caso, percorrendo anche più e più volte gli stessi trail per valutare l’effetto delle modifiche che andrò a fare.

I primi chilometri di single track confermano che a livello di pressione delle sospensioni (140 psi al posteriore e 95 psi all’anteriore) parto già da una buona base: il mezzo è equilibrato e l’affondamento è controllato e non infastidisce anche quando le tengo aperte nei tratti in salita.

L’avanzamento della sella ha avuto due effetti: 1) posizione molto vicina a quella che ho in sella alla front e 2) distribuzione del peso corporeo un po’ più avanzata con minor carico sulla ruota posteriore, il che aiuta a ridurre ancora di più la già bassa tendenza al bobbing del retrotreno.

Vado a modificare a più riprese l’inclinazione della sella, fino a trovare quella che mi consente di avere il giusto supporto in salita senza sentirmi scivolare verso il manubrio nei tratti in pianura.

L’obiettivo adesso è trovare le migliori pressioni di utilizzo per forcella ed ammortizzatore, per cui identifico un breve anello sul quale verificare le sensazioni di guida in salita battuta, salita rotta e discesa abbastanza tecnica, da percorrere tutto a sospensioni aperte.

Con il setting di partenza, lunga la salita battuta la bici procede in maniera efficace e risente di un limitato ondeggiamento del carro posteriore solo quando mi trovo ad attraversare alcune cunette. In discesa la stabilità del mezzo regna sovrana e mi rendo subito conto della rapidità con cui la Scalpel guadagna velocita non appena le pendenze si fanno negative, come se il fondo sotto le ruote fosse molto più liscio di quanto sia in realtà.

Concentrandomi sull’ammortizzatore, l’anello di indicazione dell’affondamento indica un 40% in salita (effetto delle cunette) e un 85% in discesa.

Provo a questo punto ad aggiungere 10 psi al posteriore: l’affondamento sulle cunette in salita passa dal 40% a un 35% abbondante ma il comportamento dinamico ne beneficia probabilmente più di quanto dicano i numeri, con una reattività decisamente appagante.

Anche in discesa si riduce un po’ l’affondamento, dall’85% all’80%: considerato il tipo di percorso penso che anche così sia possibile andare a sfruttare tutta l’escursione posteriore sui percorsi più impegnativi e cattivi.

L’unico neo è l’impressione di aver perso un pelo di bilanciamento fra anteriore e posteriore, per cui provo ad aumentare anche la pressione della forcella salendo dapprima a 105 psi (contro i 95 psi iniziali) per poi calare a 100 psi. Risultato finale:
  • SAG anteriore un po’ minore (15% circa) proprio come piace a me
  • Ottimo equilibrio fra anteriore e posteriore
  • Mezzo allo stesso tempo comodo, fluido e reattivo, col quale su sterrato mi trovo a pedalare quasi sempre a sospensioni aperte.

Interessante notare come, nonostante in tutto abbia percorso sulla Scalpel meno di due ore, mi venga già naturale andare a cercare traiettorie più chiuse e dirette rispetto a quelle battezzate come “ideali” in sella alla front (e parlo dei sentieri di casa, percorsi decine e decine di volte a stagione e conosciuti a memoria).

Adesso il mezzo è praticamente a punto e non resta che iniziare a spingere per davvero e prendere due tempi sul giro. Ma questo lo lasciamo alla prossima, che ho preso un vetro in salita e la gomma è a terra…

Continua………



SCALPEL SI – A bike test story (per chi mi ha chiesto se l’ho provata e come va) - Episodio I

Premesso che è la mia nuova bici e che vengo da una Cannondale Fsi (per cui accetto di essere considerato “di parte”) intendo comunque essere il più obiettivo possibile.

Alla prima occasione utile (il giorno dopo l’acquisto) ho voluto subito andare alla scoperta di questo mezzo dal quale mi aspettavo molto e che avevo già potuto testare brevemente due mesi fa. Le condizioni iniziali erano in parte approssimative, nel senso:

  •        Posizione in sella a posto solo in teoria (ogni sella necessita di aggiustamenti diversi in quanto la posizione di quello che io chiamo il centro sella dipende sia dalla sua forma che dalla sua morbidezza/rigidità), tanto più considerato che è la mia prima full…

  •        “Manubrione” extralarge da 760mm (contro i 700mm che uso da alcuni anni)

  •        Pressione forca e ammortizzatore a occhio, regolazione ritorno idem

  •        Copertoni montati con camera d’aria e gonfiati circa 0.6 atm più del solito.
Pronti via e già mi sento messo strano: in particolare la forca sembra avere un po’ troppo sag (almeno per i miei gusti) e la sella troppo inclinata in avanti mi da l’impressione di scivolare verso il manubrio. 500 metri e mi fermo, aggiungo 10 psi alla forca e cambio inclinazione alla sella. L’ammortizzatore indica 20% di SAG come consigliato dal buon Fontana, per cui mi fido e lo lascio così anche se mi verrebbe da gonfiarlo un po’ di più.

Riparto ed inizio la salita, ora l’impressione è di essere lievemente arretrato di sella ma evito di fermarmi nuovamente e vado vanti così. Più che altro è il manubrio da 760mm che, allargandomi le braccia, mi fa sentire lungo sulla bici nella pedalata da seduto: sarà la prima cosa da cambiare per la prossima uscita. Il lockout al posteriore non è totale: lì per lì rimango interdetto ma mi rendo conto che all’atto pratico non infastidisce neanche un (ex)frontista come me e permette invece di filtrare molto bene le vibrazioni.

Finisce la salita, faccio un reset della lefty per essere sicuro che sia “a puntino”, rigonfio ed inizio il single track: cavolo qui la bici inizia a rivelare parte del suo potenziale e dopo i primi trecento metri di tecnico mi viene già da darle confidenza. E’ agile, la guida sembra vellutata e non ti senti “sulla bici” ma “dentro la bici”; in un certo senso ti sembra di avere una sorta di guscio protettivo intorno e gli scalci della front sulle asperità secche qui non trovano spazio. Allo stesso tempo la sento bella reattiva e spesso la rilancio a sospensioni aperte senza innescare evidenti e fastidiosi bobbing (odio il bobbing!).

A fine discesa guardo l’ammortizzatore e vedo che ho sfruttato l’80-85% dell’escursione ma il sentiero non era eccessivamente cattivo, per cui non penso sia da sgonfiare per sfruttarlo appieno quando servirà.

Provo un tratto di salita un po’ rotto a sospensioni aperte e la bici va su bene e molto soft. Lo riprovo a sospensioni chiuse e va forse meglio al posteriore (mantiene comunque una discreta comodità e risulta un po’ più reattiva) ma peggio davanti: forse dovrei aggiungere qualche psi all’ammortizzatore per dimenticarmi del lockout su fondi di questo tipo. O magari basterà avanzare leggermente la sella (cosa che già meditavo) di modo che, caricando un po’ meno peso sul posteriore, non dovrò agire sulla pressione dell’ammortizzatore. Soluzioni decisamente da testare alla prossima uscita!

Rimonto in sella verso un single track tecnico in salita e la trazione mi sorprende: passo su lastre di tufo umide e, senza dover prestare attenzione a rotondità della pedalata e distribuzione dei pesi, il posteriore non slitta, nonostante camere d’aria e pressione a 2.1 atm. Scendo e verifico a piedi se le lastre sono scivolose e… si, lo sono…non dico siano delle saponette ma non ci camminerei troppo sopra con le scarpe da bici :)

Bello soddisfatto non mi rendo conto che viene buio e, costretto a tornare verso casa, faccio l’ultima discesa con serie difficoltà visive. Non distinguo più bene i dislivelli e le contropendenze e ne prendo atto solo quando la Scalpel SI li ha già digeriti al mio posto.

Oh yes, sono decisamente soddisfatto è già pianifico cambio manubrio, passaggio a tubeless e accorgimenti biomeccanici per il prossimo episodio. Vedremo se iniziando a spingere veramente a fondo il mezzo confermerà il potenziale evidenziato all’esordio.

Continua………